In un articolo precedente abbiamo analizzato il primo elemento fondante il nostro modello di business, ovvero il target che intendiamo servire. Esso rappresenta la fonte dei nostri ricavi, in quanto disposto a scambiare valore con noi, moneta contro prodotto e/o prestazione. Appare, quindi, naturale procedere con l’analisi sulla costruzione del nostro business dedicando la nostra attenzione al secondo fattore immediatamente e naturalmente collegato al target; o che almeno dovrebbe esserlo, a giudicare invece da “inspiegabili” insuccessi di alcuni progetti che, seppur interessanti, finiscono con il tradire le aspettative del mercato e degli artefici stessi della loro genesi. Un binomio inscindibile
Stiamo parlando dell’offerta di valore, dell’insieme di beni e servizi da proporre ai target e che proprio ai segmenti di clienti potenziali è legato a doppio filo. Prima di tutto, perché il valore offerto rappresenta il vero e proprio fulcro del nostro modello: se da una parte è l’elemento che genera entrate, e quindi ricavi, necessari per la sussistenza e il successo dell’impresa, dall’altro costituisce il fattore che genera costi per la sua produzione o reperimento e per la sua gestione. E proprio a causa di questi costi, non sempre ci risulta possibile reperire, costruire e gestire il portafoglio di offerta ideale per i diversi segmenti scelti. La prima conseguenza, perciò, è che l’individuazione del nostro target è spesso vincolata alle competenze, alle strutture e alle possibilità economiche necessarie alla costruzione dell’offerta da proporre. Come a dire: meglio compiere immediatamente le scelte necessarie, per quanto dolorose, e abbandonare l’idea di voler servire alcuni segmenti interessanti, qualora sia evidente l’impossibilità di disporre, in modo sostenibile e continuativo, degli “ingredienti” necessari a costruire una proposta convincente. In secondo luogo, ma non secondariamente, l’offerta dovrebbe essere costruita proprio sulla catena del valore del nostro target. Appare cosa ovvia, ma realizzare questa condizione è più difficile di quello che possa immediatamente apparire. Anzi, è spesso questa difficoltà la causa principale dei fallimenti sopra citati. Se il nostro cliente è un operatore business che lavora lungo la nostra stessa filiera, come ad esempio un rivenditore, un’impresa o un professionista, dovremmo chiederci in quale fase del suo modello di business la nostra offerta si incastra e come può contribuire a costruire il valore che il cliente stesso intende proporre al suo mercato. Se invece è un cliente finale, allora la domanda da porsi conduce all’identificazione dei vantaggi concreti che l’acquisto dei nostri beni o servizi può generare e, soprattutto, dei benefici finali collegati. Il giudizio sull’importanza e il peso di questi fattori nell’economia del nostro cliente consumer sarà fondamentale per decidere, ancora una volta, se intraprendere in quella business unit oppure no e quale sia il grado di successo che può essere preventivato.
Il giusto mix
Il valore complessivo offerto a ciascun segmento di mercato è determinato da un insieme di componenti, ciascuno dei quali contribuisce a risolvere un problema, a colmare una necessità, a procurare un vantaggio a quel segmento. Quali sono questi componenti? La lista è lunga, vediamone qualche esempio. Il primo, notoriamente riconosciuto tra i primi e maggiormente determinanti, è il prezzo: aiutare il cliente a spendere meno con un’offerta che riesca comunque a soddisfare le sue esigenze. Oppure, collegato a questo, la riduzione dei costi, elemento non per forza costruito su una politica di pricing inferiore, ma sulla possibilità di poter risparmiare attraverso l’acquisto dei nostri beni e servizi. Un esempio, proprio di questo fattore, è il calcolo del risparmio energetico attraverso l’utilizzo di materiali o prodotti particolarmente performanti nella gestione del rapporto termico delle abitazioni con l’ambiente esterno. Altro elemento a cui gli italiani sembrano essere sempre molto sensibili è il design, che, come evidenziato anche da recenti indagini di mercato patrocinate proprio dalla testata che ci ospita, esprime il nostro innato senso estetico e attaccamento storico alla categoria della “bellezza”. E in qualche modo collegati a questo, l’importanza del marchio e lo status sociale possono essere due valori su cui puntare per alcuni segmenti, il cui desiderio sia quello di riconoscersi e farsi riconoscere. Ancora: la novità, intesa come scoperta di nuove necessità soddisfatte dalla nostra offerta e prima ignote o ignorate dal segmento a cui è rivolta, può rappresentare un’opportunità di business molto importante su cui costruire la propria proposta. Su questa scia, anche il miglioramento delle prestazioni rispetto al passato o rispetto alla concorrenza può incontrare il favore del nostro mercato di riferimento, così come la riduzione dei rischi (pensiamo, ad esempio, al tema del rischio della violazione della propria sicurezza o del rischio di deperimento dei materiali legati all’usura del tempo e degli agenti atmosferici). I mercati business, poi, sono spesso sensibili a tutti quei fattori che contribuiscono a risolvere un problema particolarmente sentito, o a tutto ciò che concorre a migliorare l’usabilità del prodotto o del semilavorato. In definitiva, la costruzione dell’impianto della nostra offerta deve essere costruito attraverso un sapiente e accattivante “cocktail”, che prenda consistenza e identità partendo dagli “ingredienti” a disposizione e da quelli facilmente reperibili, ma soprattutto dai “gusti” effettivi del cliente, dichiarati o meno, che saremo stati in grado di decifrare in modo preciso e di trasformare in soluzioni apprezzate. Naturalmente con un occhio alla concorrenza, per decidere se fornire lo stesso valore ma ad un prezzo più basso, se differenziarsi con una proposta alternativa o se specializzarsi nel fornire una determinata nicchia di mercato. Insomma, aspettando di analizzare e definire i prossimi elementi, i giochi strategici hanno già avuto il loro inizio.