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Innovare è un dovere: 5 motivi per cui non innovare non ha giustificazioni

Fabrizio Benefazio ha le idee chiare e le spiega anche a noi: Innovare è un dovere, stop alle scuse. Per l'azienda che guarda al futuro, l'innovazione è ormai un passaggio obbligato.

Qualche giorno fa ho visitato un artigiano e commerciante veneto, una piccola impresa, per ragioni personali.

Prima di incontrarlo, ho voluto visitare il sito e mi ha fatto una pessima impressione: dal punto di vista estetico e funzionale sembra uscito dagli anni ’90, con poche informazioni e pochi contenuti.

La piccola azienda è in realtà eccellente, e fabbrica prodotti di grande qualità.

Creatasi una buona sintonia, ho voluto farlo notare al responsabile sottolineando come l’immagine del sito non renda giustizia alla qualità del prodotto. Mi ha risposto sorridendo “abbiamo la nostra clientela, la gente ci conosce, siamo una piccola realtà, lavoriamo con il passa parola”.

Lo scambio è stato motivo di riflessione sulla riluttanza di alcune aziende, non poche, ad innovarsi, a cambiare, a mettere in discussione il proprio modello.

Cosa le frena dal fare passi verso una trasformazione del modo di stare sul mercato?

Ogni settore è impattato dalla tecnologia, da dati, da nuovi canali di distribuzione e di comunicazione. Pensando ad altri livelli, organizzazioni apparentemente invincibili sono scomparse quando non hanno tenuto il passo dell’innovazione: Blockbuster, Kodak, Borders, Xerox, Nokia per citarne alcune, senza menzionare l’infinità che non riceve titoli per via delle dimensioni meno importanti.

Prendere una posizione “wait and see” non sembra una strategia percorribile. Nel mondo digitale, con abitudini dei consumatori che cambiano rapidamente, l’e-commerce, soluzioni logistiche disponibili a costi contenuti, la proattività e la flessibilità faranno la differenza. Quando posso comprare una poltrona online da un e-commerce in Germania, quanto può resistere il business di una piccola azienda veneta che si basa sul passaparola? Non si diffonderà forse con il passaparola anche l’e-commerce tedesco?

Se la trasformazione digitale, anche per una piccola realtà con una storia di provincia, non è parte della missione, l’azienda potrebbe non essere mai in grado di stare al passo delle aspettative dei clienti e delle alternative sul mercato.

Il primo passo nella propria trasformazione è smettere di trovare scuse per non progredire.

Queste sono alcune delle più comuni:

1. “Abbiamo sempre lavorato così.”

La tradizione nel business è un valore che può essere certamente prezioso. Ad esempio, etica, integrità, attenzione al cliente, se parte della reputazione storica dell’azienda, meritano enfasi continua. Ma l’eredità non può essere ostacolo al progresso e alla crescita.

Nuovi canali di comunicazione e distribuzione possono allargare a nuove relazioni, rafforzare le esistenti, espandere il territorio raggiungibile, generare nuove linee di fatturato e costruire fedeltà, senza compromettere quei valori che l’hanno sempre contraddistinta.

2. “Non abbiamo le competenze necessarie.”

Il tema delle competenze non va visto nel modello di business attuale, ma in quello verso il quale si intende muoversi.

La scelta di evolversi comporta necessariamente formare o individuare le competenze che possono supportare la transizione ma anche la gestione successiva. E mentre la prima fase può essere parzialmente assistita da attori esterni, la sostenibilità del modello dipenderà da un massiccio trasferimento delle competenze, ma anche di una nuova cultura, ai team interni.

3. “I nostri clienti non si lamentano.”

I consumatori non devono necessariamente avere un motivo di lamentela per diversificare il loro fornitore. Possono voler semplicemente provare una alternativa, possono ricevere un consiglio da un amico, possono essere destinatari di una promozione, etc.

Molti clienti non hanno ancora usato alternative, perché non le conoscono o semplicemente perché tendono ad essere conservatori. Ma quanto può durare? In aggiunta, ci sono i potenziali clienti che perdi e non ti faranno mai sapere che non sei adeguato alle loro abitudini di consumo.

4. “Ci sono rischi intrinsechi nel cambiare modello.”

Partiamo dal primo assunto: ci sono rischi intrinsechi anche, o soprattutto, nel conservare il modello esistente. Li abbiamo elencati nei primi punti.

Secondo assunto: l’impresa è rischio per definizione. E’ dinamicità, non staticità. E’ evoluzione, è ricerca di opportunità. Stare fermi significa essere superati nel migliore dei casi, travolti nel peggiore.

Ma è proprio il supporto della tecnologia a rendere la gestione di operazioni e transazioni meno rischiosa.

5. “Costa troppo.”

Il costo di importanti elementi della trasformazione si è abbassato clamorosamente negli ultimi anni con cloud e SaaS, rendendo accessibili ad aziende di ogni dimensione soluzioni tecnologiche che erano prima riservate alle aziende più grandi.

In secondo luogo, il processo di trasformazione va valutato nell’ottica dei benefici di medio-lungo periodo. A fronte di un investimento, e probabilmente di un periodo di assestamento nella transizione da un modello a un altro, i benefici nel lungo-medio periodo rendono la digitalizzazione una scelta obbligata, dall’espansione del mercato raggiungibile, alla possibilità di fare scelte commerciali e strategiche basate su dati, dai costi ridotti per acquisire e servire il cliente.

Innovare è un dovere: non ci sono (più) giustificazioni.

Più si attende, più sarà difficile stare al passo della competizione che nel frattempo guadagna terreno, cresce, acquista esperienza, clientela, reputazione.

Per quanto la trasformazione appaia impegnativa, è essenziale se si vuole restare competitivi in un contesto nel quale customer journey, l’accesso semplificato al prodotto, diventano fattori decisivi, e il cliente può preferire comprare una poltrona online dalla Germania invece che dal negozio a 20 minuti di distanza.

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