Skip to content

Business Intelligence e Cloud in azienda: 3 miti da sfatare

di Alberto Gugel e Nicoletta Piazzetta, Partners Consultant dell'area Digitalizzazione di Oriens.

 

Negli ultimi anni, nel panorama imprenditoriale, abbiamo visto molte aziende investire nella Business Intelligence e nel Cloud. Calandoci in questo argomento, si rende necessario distinguere tra le due.

Relativamente alla Business intelligence si può dire che, ormai, dopo più di 20 anni di sviluppi, e sulla scorta dell’ancora più lunga storia del Data Warehousing, sia diventata uno strumento imprescindibile per molte imprese, non solo grandi ma anche piccole e medie. Cambiano i budget, ma non cambia l’esigenza di fondo: prendere decisioni efficaci e tempestive basate sui dati, risorsa di cui ogni organizzazione è ricchissima, grazie alle modalità organizzative interconnesse a diversi sistemi informatici (gestionale, CRM, PLM, … o la semplice fatturazione elettronica).

Il cosiddetto Cloud è un insieme di tecnologie che ha preso piede negli ultimi 20 anni (quindi non esattamente una novità, almeno per gli addetti ai lavori) che permette e promette di razionalizzare la gestione (ed i relativi costi) di hardware e software, spostando la responsabilità della gestione sul fornitore a fronte di un canone periodico (di solito detta subscription o sottoscrizione). L’approccio più comunemente seguito è quello denominato IaaS (Infrastructure as a Service), in cui si virtualizza ed esternalizza l’infrastruttura informativa dell’azienda (server, storage e rete) mantenendo, però, la gestione del software all’interno. Quello che, invece, è comunemente detto e percepito come cloud consiste nell’affidare anche la gestione del software al fornitore. In questo scenario, denominato SaaS (Software as a Service) o PaaS (Platform as a Service), il software è visto come un servizio al quale gli utenti accedono via Web tramite browser. Per intenderci e fare degli esempi molto famosi, Salesforce.com nell’ambito dei CRM e G Suite (ora Google Workspace) nell’ambito delle suite di produttività aziendale.

La convergenza di queste due tecnologie non solo è possibile, ma trova attuazione nei fatti. Tutti i più grandi attori di questo mercato (tra tutti Qlik, Microsoft e Tableau), infatti, offrono soluzioni SaaS/PaaS che danno la possibilità di caricare dati sui loro cloud, pulirli e organizzarli allo scopo di creare e distribuire applicazioni di analisi dati agli utenti.

Data la disponibilità di offerta tecnologica, e i benefici connessi di gestione del dato, perché sono ancora poche le aziende che decidono di adottare o di passare alla gestione della Business Intelligence nel cloud?

Di seguito riportiamo una lista di pregiudizi che, sul campo, abbiamo riscontrato frequentemente e che riteniamo gli aspetti primari da sfatare per calare l’investimento in BI e Cloud all’interno del contesto d’impresa.

"La tecnologia Cloud ha troppi limiti”

Il Cloud computing si basa sull’utilizzo di risorse condivise da parte di più utenti. Le risorse, sebbene appaiano infinite, sono in realtà limitate, ed è per questo che i fornitori offrono livelli di servizio differenziati in base al canone. Il principio è questo: più paghi e meno limiti hai (e non si azzerano mai!). Ciò vale a dire: più investi e più spazio hai a disposizione per immagazzinare dati, più dati puoi analizzare all’interno di una singola applicazione e, infine, più funzionalità o capacità di integrazione o personalizzazione hai a disposizione.

In realtà, questi “vincoli” rappresentano per molte aziende un incredibile vantaggio.

Per prima cosa, non sono richiesti investimenti da parte dell’azienda in costosi server aziendali e, di conseguenza, in risorse umane dedicate o personale esterno per la manutenzione e l’aggiornamento dell’infrastruttura. Tra i costi sostenuti per la manutenzione dei server aziendali rientrano anche le spese dell’elettricità, dello spazio fisico e del raffreddamento dell’impianto, i quali possono essere anche molto onerosi. Al contrario, utilizzando infrastrutture in Cloud, i costi per la manutenzione, aggiornamenti software e sicurezza sono a carico del provider, mentre l’azienda paga un canone mensile, con un grande risparmio di tempo e risorse.

È necessario tenere inoltre in considerazione il fattore “obsolescenza” delle infrastrutture informatiche: man mano che il business si espande, il server locale non è più in grado di far fronte ai crescenti carichi di lavoro richiesti e saranno necessari investimenti per dotare il sistema di nuovi componenti hardware e software. Se il picco di lavoro è di breve durata, il ritorno sull’investimento si rivelerà altamente inefficace. Al contrario, la tecnologia Cloud è scalabile e adattabile a seconda della mole di lavoro, permettendo con pochi click di aumentare la disponibilità di risorse ed eventualmente ritornare alle impostazioni originali una volta superato il picco.

“E se dovessi avere problemi di connessione?”

In Italia, riscontriamo un problema in più: il digital divide e, più in generale, la limitata banda disponibile rispetto ad altri paesi europei, ci mette in una situazione di svantaggio competitivo in termini di capacità di alimentare sistemi “ingombranti” spostati nel cloud. Basti pensare al fatto che, tipicamente, un sistema di Business Intelligence ricopia in tutto, o in parte, i dati dei sistemi gestionali con cadenza almeno giornaliera. Questo fattore va valutato attentamente dalle organizzazioni affinché non si trasformi in un collo di bottiglia per l’intera infrastruttura di analisi dati. Tuttavia, benché il flusso di lavoro sui server locali possa risultare più rapido quando si lavora in sede, bisogna altresì riconoscere che nel caso di dipendenti in trasferta o che lavorano da remoto, l’accesso ai server aziendali risulta spesso difficoltoso a causa della saturazione della rete VPN, che consente l’accesso protetto alla rete aziendale interna.

Per questo motivo, l’adozione del Cloud da parte di numerose imprese si è resa necessaria durante la pandemia di Covid-19 e ha rappresentato fattore strategico nel miglioramento della collaborazione e della produttività dei team durante la ripartenza, trasformando un’iniziale scelta emergenziale in una chiave di valore nel medio-lungo termine.

I dati nel cloud non sono protetti”

Spesso e volentieri i responsabili IT o gli imprenditori si dimostrano diffidenti rispetto all’opportunità di spostare i propri dati nel cloud. C’è, infatti, il timore di perderne il controllo o, peggio ancora, la proprietà. Insomma, c’è un attaccamento quasi atavico e irrazionale al dato che porta alla convinzione che gli stessi siano più al sicuro tra le mura dell’azienda che nel cloud. Purtroppo, però, la realtà e la pratica quotidiana dimostrano che gli attacchi informatici sono sempre più frequenti, sofisticati, subdoli e, purtroppo, anche più efficaci; d’altro canto, in azienda, per quanto dotati del miglior personale IT interno possibile, è difficile pensare che queste persone possano riuscire a costruire una “fortezza” più inespugnabile di quella creata dagli specialisti che lavorano quotidianamente sul tema sicurezza per i Cloud provider.

Secondo Gartner1, infatti, le infrastrutture cloud subiscono almeno il 60% in meno di incidenti di sicurezza rispetto a quelli nei data center tradizionali.

Un altro punto da tenere in considerazione quando parliamo di cybersecurity è l’importanza di eseguire back-up regolari dei dati, al fine di prevenire potenziali perdite causate sia da un cyberattacco, ma anche in caso di guasti all’infrastruttura, disastri naturali, etc.

Uno studio di Veeam2 tuttavia ci dimostra come la maggior parte delle aziende non sia in grado di ripristinare il back-up dei dati a seguito di un evento malevolo.

La tecnologia Cloud, anche in questo caso, può essere di grande aiuto: la maggior parte dei provider offre numerose funzionalità per evitare la perdita di dati tra cui il failover, il backup, la registrazione automatica, il monitoraggio e altro, e addirittura con tempi di recupero più brevi rispetto ai server locali.

Conclusioni

Tiriamo le somme di quanto riportato, tenendo presente che le valutazioni fatte sono più qualitative che quantitative: superati i timori nei confronti del cloud, se per le medie o grandi imprese può essere ancora la questione tecnica a frenare o posticipare l’adozione della BI nel cloud, paradossalmente, tale adozione rappresenta per le piccole organizzazioni un’occasione per lavorare con strumenti all’avanguardia, sfruttando maggiormente e con un accento strategico i sistemi su cui le stesse aziende, volenti o nolenti, nel corso degli anni hanno dovuto investire. Il tutto spalmando il più possibile nel tempo l’investimento necessario e senza introdurre maggiori rischi nella gestione del dato.

I punti elencati precedentemente non sono funzionali a scoraggiare l’adozione e il passaggio alla gestione d’impresa tramite il supporto della Business Intelligence: sono invece spunti dai quali partire, aspetti a livello micro da fronteggiare passo passo nel processo di trasformazione digitale della propria azienda.

Un progetto di gestione del dato tramite Business Intelligence e Cloud di successo poggia le sue basi sulla valorizzazione del patrimonio informativo aziendale e lo sviluppo di un sistema decisionale consapevole, basato su dati tempestivi ed affidabili. L’approccio progressivo e la trasversalità di questi tipi di adozioni possono condurre l’azienda alla naturale diffusione di una vera e propria cultura digitale interna, “nuvola” al di sopra di qualsiasi altro progetto di trasformazione digitale.

 

1 https://www.gartner.com/imagesrv/books/cloud/cloud_strategy_leadership.pdf

2 https://www.businesswire.com/news/home/20210318005061/en/CXO-Research-58-of-Data-Backups-are-Failing-Creating-Data-Protection-Challenges-and-Limiting-Digital-Transformation-Initiatives

 

 

Per maggiori informazioni o per confrontarti con gli autori, scrivi una mail a c.rossetto@oriens.consulting

Approfondimento

Leggi anche: