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Salute e benessere: la chimica del buon manager

I team più empatici sono quelli che funzionano meglio: la chimica del buon manager ci insegna a generare dopamina e serotonina al servizio della nostra squadra.

Riferendoci al report 2022 dell’autorevole istituto CIPD (Chartered Institute of Personnel and Development) le figure manageriali in azienda sono divenute, in questi ultimi anni, molto più sensibili alla salute e al benessere dei propri dipendenti. È altresì vero che il livello di engagement del team è spesso considerato responsabilità del manager o, per dirla in altri termini, di quella che viene definita la chimica del buon manager. Questo dipende dalla qualità del rapporto umano che lo stesso manager è in grado di instaurare con i propri collaboratori: la chimica del buon manager, appunto.

Approfondiamo l’argomento grazie al supporto del nostro Senior Consultant Michele Prete, oltre che socio fondatore di Hospite S.r.l., Chief Marketing Officer della start-up innovativa Circular Fiber S.r.l. e Trainer presso Fòrema – Learning Ecosystem

Che impatto ha la qualità della relazione tra manager e diretti collaboratori? 

Per rispondere alla domanda, prendiamo come esempio il report “State of the American Manager”: quest’ultimo deriva da quarant’anni di ricerca e analisi sulla figura manageriale. Il report afferma che: 

  • Un cattivo Manager è deleterio per i dipendenti non solo per il fatto che si sentono infelici nel posto di lavoro; quelle sensazioni spiacevoli li seguono anche a casa aggravando i livelli di stress;
  • le persone non abbandonano le Aziende, abbandonano Manager con cui non riescono a comunicare;
  • le Aziende devono dedicare più attenzione alla formazione ed allo sviluppo di buoni Manager per poi iniziare a far sapere al mondo che questi buoni Manager lavorano per loro. 

Questi dati possono sembrare strettamente legati ai comportamenti. Tuttavia, la neurobiologia interpersonale ha scoperto una forte correlazione chimica tra la qualità delle azioni manageriali ed il mantenimento di un team sano e coeso.

Come è stato possibile studiare la natura di questa correlazione?

Approfondendo temi come la neuro-plasticità cerebrale e il ruolo dei neuroni specchio, i ricercatori sono giunti alle evidenze scientifiche che le emozioni, il linguaggio ed i pensieri di un singolo hanno il potere di avere un effetto, nel bene e nel male, sugli stati mentali delle altre persone. 

A registrare tutti questi stimoli è una struttura ovoidale che si trova nel nostro cervello: l’amigdala. Questo insieme di ghiandole è il nostro sistema d’allerta primitivo e rilascia nel corpo ormoni e sostanze chimiche reagendo ai segnali interni ed esterni che riceve ed interpreta. 

Del cortisolo, per esempio, comunemente conosciuto come ormone dello stress, viene aumentata la produzione sul posto di lavoro in riflesso ad alcuni comportamenti, fra i quali: 

  • sentirsi poco ascoltati; 
  • sentirsi poco apprezzati; 
  • subire mancanze di rispetto o ingiustizie; 
  • sentirsi esclusi dal gruppo; 
  • esser forzati a rispettare scadenze non realistiche. 

Quali sono le conseguenze di questa tipologia di stress? 

Lo stress eccessivo causato da figure manageriali poco competenti provoca un lento soffocamento della felicità e della produttività del gruppo di lavoro. Sotto stress il cervello dei collaboratori riduce o arresta la produzione di sostanze chimiche positive, il che abbassa drasticamente le loro performance. 

Questo causa danni professionali, come: 

  • la diminuzione della capacità creativa; 
  • la riduzione dell’efficacia del problem solving; 
  • la riduzione delle capacità decisionali strategiche. 

Rimanendo a tema, qual è la chimica del buon manager? 

Per aumentare il coinvolgimento, migliorare il clima aziendale e cambiare rotta rispetto a quanto visto sopra, il Manager può iniziare a stimolare la produzione di due neuro-trasmettitori specifici: la Serotonina e la Dopamina

La prima governa il senso di felicità e di appagamento; la seconda si attiva con piaceri immediati e bisogni soddisfatti di ricompense. Entrambi sono neuro-trasmettitori, ma funzionano in modo molto diverso e possiamo ottenere il meglio da loro solo quando riusciamo a farli lavorare insieme. 

È possibile definire delle linee guida per aiutare il manager ad agire consapevolmente? 

Per iniziare a farlo, presentiamo otto suggerimenti pratici che rivolgiamo ai Manager al fine di modificare positivamente la chimica di sé stessi e del proprio team: 

  • salutare tutti e guardare negli occhi le persone quando si parla; 
  • rispettare i singoli collaboratori, i loro sentimenti e le loro emozioni; 
  • attribuire le mansioni dei collaboratori in base alle loro capacità, competenze ed aspirazioni; 
  • definire chiaramente ruoli e responsabilità; 
  • investire tempo nell’ascolto empatico; dedicandosi col cuore alla crescita di chi ci sostiene col proprio lavoro; 
  • creare canali di comunicazione aperti ed opportunità di genuina interazione sociale fra tutti; 
  • investire nello sviluppo delle proprie capacità manageriali, come il coaching, l’intelligenza emotiva e la leadership; 
  • donare opportunità di formazione aziendale legandole a piani di promozione ed incentivazione. 

Queste pratiche aiutano a costruire quello che lo psicologo della Stanford University Leor Hackel definisce “senso di reciprocità “: nella sua ricerca, ha scoperto che “attraverso azioni e parole empatiche coerenti, si sviluppa un senso di coesione emotiva tra le persone”. 

La chimica del buon manager, capace di creare team chimicamente empatici, è un asset quindi molto prezioso per la Leadership Aziendale.

I team empaticamente connessi sono infatti più intelligenti, più creativi e generalmente più efficaci perché il tutto viene sempre percepito più grande della somma delle sue parti

E voi, quanta importanza date attualmente alla chimica dei vostri team? 

© CENTRO STUDI ORIENS

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