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Incentivare fa rima con motivare – Il decalogo dell’incentivazione per stimolare la motivazione

L’incentivazione delle persone in azienda, ovvero l’erogazione di elementi retributivi monetari o extra-monetari in funzione di risultati effettivi, è uno degli elementi più dibattuti negli ultimi anni, il quale viene affrontato con approcci differenti e ciclici ritorni in auge a distanza di tempo.
Prima di affrontare l’argomento, dobbiamo primariamente fare una distinzione tra la gestione della prestazione lavorativa e l’incentivazione.  

Per gestione della prestazione o della performance intendiamo tutte quelle pratiche e metodologie che aiutano le persone a raggiungere definiti obiettivi lavorativi; il primo passo della gestione della performance è, appunto, la definizione di specifici obiettivi prestazionali.      
È la ben nota teoria del “goal setting”, secondo la quale avere un chiaro obiettivo da raggiungere porterà ogni lavoratore a focalizzare le proprie energie e le proprie competenze in modo più efficace.        
La priorità è, quindi, quella di definire un obiettivo di prestazione efficace, effettivamente collegato al lavoro delle persone, i cosiddetti obiettivi “SMART” e avere dei sistemi di misurazione affidabili.

Inoltre, gli obiettivi devono essere tarati per promuovere il lavoro individuale e quello di gruppo, impegnando a fondo le energie di tutti. È noto che, come raffigurato nel grafico successivo, quanto più l’obiettivo è sfidante, tanto più aumenta la prestazione, fino a un punto di “rottura” oltre il quale la prestazione crolla, in quanto l’obiettivo è ritenuto irraggiungibile.

È sufficiente, quindi, definire con precisione gli obiettivi? Questo è solo il punto di partenza: per poter gestire al meglio la prestazione è necessario un monitoraggio e un supporto continuo alla persona, ossia il dettaglio di come quel traguardo viene raggiunto, oltre alla possibilità di revisionarlo in caso di elementi esterni che sopraggiungano e influenzino negativamente.

L’incentivazione è, invece, l’erogazione di una retribuzione extra, che può essere monetaria o in natura, direttamente collegata al raggiungimento di una certa prestazione e, quindi, di determinati obiettivi. Questo punto dà un’ulteriore e significativa spinta alla focalizzazione e alla motivazione; tuttavia, non deve essere il pretesto per delegare solo all’incentivo stesso il motivo del conseguimento della prestazione, al fine di evitare l’innescarsi di dinamiche eccessivamente competitive e conflittuali. 

A questo punto dobbiamo necessariamente entrare nel grande capitolo della motivazione lavorativa e di come questa venga effettivamente stimolata. Si tratta di uno degli argomenti più complessi e contrastanti in quanto, al di là delle specifiche pulsioni “universali”, subentrano aspetti culturali e sociologici che variano negli individui e nei diversi periodi storici.

Questo ha determinato l’impossibilità di avere una teoria motivazionale costante e duratura nel tempo, che possa conglobare tutte le diverse spinte motivazionali.           
Per avere delle persone motivate in azienda dobbiamo avere la giusta combinazione di motivazioni intrinseche, che l’impresa può alimentare e che partono primariamente dalla persona, e motivazioni estrinseche, le quali vengono fornite dall’esterno in modo diretto, come appunto l’incentivazione.           
Le motivazioni intrinseche, sviluppate in particolare dagli studi più recenti di Daniel H. Pink, si possono riassumere in:

  • Scopo e affiliazione: ho chiari i miei scopi nella vita e come il lavoro li può supportare. Riconosco la Missione aziendale a cui mi sto dedicando e i Valori messi in pratica nel lavoro;
  • Padronanza e Achievement: ho il senso di essere adeguato a quello che faccio. Sto facendo qualcosa che mi piace e il cui risultato mi dà soddisfazione;
  • Autonomia: non sono costantemente controllato su tutto e ho degli spazi di delega dove posso decidere io come organizzare il mio lavoro.

Le principali motivazioni estrinseche sono invece in gran parte legate ai risultati e ai comportamenti espressi:

  • Successo e riconoscimento: ricevo riconoscimenti dal mio lavoro economici, morali o di crescita. I miei sforzi sono premiati;
  • Visibilità: gli altri riconoscono il mio lavoro, sono un punto di riferimento per il gruppo;
  • Potere: posso influenzare la situazione lavorativa dell’azienda e di altre persone.

Le motivazioni intrinseche sono più forti, durature e formano lo zoccolo duro su cui sovrapporre le seconde, le quali agiscono come un amplificatore.  Facciamo attenzione: se le prime sono deboli anche le seconde saranno relativamente instabili, in quanto, essendo costruite su una base poco solida, innescheranno comportamenti competitivi o di scarsa durata; se le prime sono forti e consolidate, anche le seconde avranno un impatto più rilevante. 
Per sviluppare le motivazioni intrinseche si lavora sul medio-lungo periodo, mentre per quelle estrinseche si lavora più sul breve, in quanto una delle caratteristiche peculiari delle motivazioni estrinseche è che creano in poco tempo assuefazione.

Si trasformano in tempi relativamente brevi in quelli che tecnicamente si chiamano fattori igienici, cioè quegli elementi che dopo un po’ non accendono particolari motivazioni, e che se rimossi creano demotivazione.     
Oltre alle motivazioni specifiche citate, c’è un terzo elemento trasversale che a livello motivazionale è sempre attivo: il senso di giustizia ed equità.         
In tutte le situazioni che viviamo, sia lavorative sia extralavorative, la nostra cultura ha sviluppato un forte senso di giustizia, per cui diamo particolare valore alle cose che rispettano questo valore.

Considerati gli aspetti motivazionali e organizzativi da rispettare, vediamo di stilare un breve decalogo relativo all’incentivazione:

  1. Definiamo, prima di tutto, un piano di incentivazione che coinvolga tutte le persone dell’azienda in modo differente, con massimali e frequenze di erogazione differenziati per tipo e importanza di ogni ruolo;
  2. Definiamo a priori un sistema di obiettivi globali e collegati in modo armonico;
  3. Ricordiamo che se ci muoviamo nella direzione dell’incentivazione, da un lato non possiamo più tornare indietro (in relazione al fattore igienico citato precedentemente); tuttavia, abbiamo la possibilità di rimodulare e cambiare il sistema in modo dinamico negli anni;
  4. Consideriamo la sostenibilità economica: il sistema di incentivazione deve essere sempre tarato anche sui risultati economici aziendali in modo flessibile, così da tradurre i risultati di alto livello in beneficio per tutti;
  5. Colleghiamo il premio a elementi prestazionali misurabili e sfidanti con un approccio quantitativo e scale di erogazione. Nel caso di impossibilità di definire questi parametri di tipo oggettivo si può passare a target qualitativi o comportamentali. Valutiamo anche con equilibrio e flessibilità quelle situazioni in cui imprevisti o anomalie, non dipendenti dalla persona, influiscano in modo determinante la prestazione ed il premio conseguente;
  6. Parola chiave “semplicità”: target e meccanismi di erogazione devono essere più semplici possibili, così che le persone possano comunque monitorare in autonomia la propria prestazione;
  7. Definiamo un mix di obiettivi individuali (prevalenti), di team e/o aziendali, per favorire anche la cooperazione;
  8. Definiamo anche i cosiddetti “over”, cioè extra-premi (con dinamica lineare) che scattano nel caso si superi in modo rilevante il target, per evitare che le persone “rallentino” qualora raggiungano il target in anticipo, o extra-premi se si matura una combinazione di obiettivi differenti, per evitare che ci si concentri solo su una parte ridotta di obiettivi tralasciandone altri;
  9. Inquadriamo l’aspetto incentivante in un quadro di gestione della performance e di supporto alla persona;
  10. Manteniamo trasparenza e comunicazione, binomio fondamentale per supportare il senso di giustizia ed equità. Tutte le persone devono conoscere il funzionamento del sistema personale e il quadro generale del sistema incentivante aziendale.

 

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